Sergio Pone – architecture&design workshop coordinator
Questo è il terzo anno in cui coordino il workshop di auto-costruzione di Villa Pennisi in Musica nel quadro della Summer School di Musica e Architettura che si tiene nella prima settimana di agosto ad Acireale.
Finita di montare la terza versione di ReS, i musicisti hanno il loro palcoscenico e si inizia a lavorare per i concerti delle cinque giornate di Festival. In pratica quando finisce il Workshop di auto-costruzione inizia il Festival ma c’è un momento di passaggio di straordinaria intensità, in cui, con la struttura quasi finita i musicisti interpreti del primo concerto provano la loro musica con il pubblico degli allievi architetti che, stanchi dalle fatiche delle giornate precedenti, si siedono a terra e finalmente riposano e ascoltano. Ascoltano non un concerto ma una prova cioè il momento in cui si inizia a costruire l’esecuzione della sera successiva come loro hanno costruito la camera acustica.
I musicisti suonano parti del quartetto, singole frasi, basi e melodie insieme e separate per poi assemblarle nei pezzi della partitura finale. Quando sono soddisfatti passano alla costruzione della parte successiva e, talvolta, eseguono un intero movimento per controllare l’effetto finale. Nel preparare l’esecuzione i maestri parlano tra loro, ragionano su quello che fanno per migliorare suoni e armonie ma iniziano anche a commentare il lavoro degli architetti e la risposta della camera acustica nella sua ultima versione. I ragazzi e i docenti in platea ascoltano e nelle loro menti si forma, con l’avanzare della prova, l’idea che la struttura risponde bene, che la shell “funziona”.
Mentre si concretizza quella sorta di “magia minore”, costruire con le proprie mani un oggetto che viene bene, che piace a noi e a chi dovrà usarlo, sul palco si forma l’altra magia, quella vera, quella di Wolfgang Amadeus Mozart.
Improvvisamente scompaiono la fatica, il caldo, quel po’ di frustrazione che deriva dalle capacità incerte, travolte dal corto circuito tra le due magie, che ogni anno si ripete nell’incanto della sua fulminante bellezza, che ogni anno rende per un attimo ruvida la pelle e lucidi gli occhi. Dura un attimo, poi tutto si dissolve, “il buio cala e non rimane … altro … che l’incantesimo sublime … e allora … viva la musica!”*.
* Paolo Conte, Dal loggione, in Un gelato al limon, 1979,